Il buco profondo di Kola è il risultato di un progetto scientifico di trivellazione, nella Penisola di Kola (ex Unione Sovietica).

Incredibilmente, l’uomo sa tuttora di più riguardo a certi oggetti celesti distanti di quanto non sappia sulle profondità della Terra; per questa ragione, nel 1970 i ricercatori Sovietici decisero di scavare il buco più profondo del mondo. Per i successivi 24 anni il progetto si occupò di perforare la crosta terrestre, fino a raggiungere profondità incredibili.

Il risultato fu appunto la voragine superprofonda di Kola, che arriva fino a 12 km sotto la superficie della Terra; per dare l’idea di questo valore, il buco è più profondo della Fossa delle Marianne (e in particolare del Challenger’s Deep), considerato il punto oceanico più profondo in assoluto (11 km).

La voragine è situata nella penisola di Kola (Russia); per la precisione, consiste in numerosi tunnel che si ramificano da un’apertura principale.

E’ il più profondo di questi che raggiunge appunto 12.261 m nelle viscere della Terra, chiamato “SG-3”; il progetto di scavo produsse una grandissima quantità di dati geologici, e molti di questi dimostrarono quanto poco sappiamo sul nostro pianeta.

La scoperta più eclatante fu probabilmente quella di alcuni fossili, prove della presenza di attività biologica risalente a più di 2 miliardi di anni fa. Si tratta di fossili microscopici ben conservati di circa 24 specie di alghe marine unicellulari (fitoplankton).

Solitamente i fossili vengono rinvenuti in depositi di calcare e silicio, ma questi microfossili furono scoperti in composti organici che rimasero incredibilmente intatti nonostante le estreme pressioni e temperature.

I fossili furono scoperti a circa 7 km di profondità, la stessa a cui venne individuata anche l’inconsueta presenza di acqua. Siccome l’acqua liquida non dovrebbe esistere a profondità simili (secondo le teorie geologiche), si ipotizza che la formazione di acqua sia dovuta al rilascio di atomi di idrogeno ed ossigeno intrappolati all’interno dei minerali, causata dalle grandi pressioni.

Alla profondità massima del buco, fu registrata una temperatura di circa 180°C, che impedì di continuare gli scavi nel 1994, poiché determinava un comportamento della roccia più simile ad un materiale plastico che ad un solido.

La voragine di Kola resta ancora oggi uno dei più importanti reperti dell’era scientifica sovietica.

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